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DECRETO TERRE DA SCAVO, OK DEL GOVERNO: PIÙ SEMPLICE SMALTIRE LO «SMARINO»

Gestione semplificata dello smarino, accorpamento delle vecchie procedure, termini certi per la chiusura dei procedimenti. Il testo unico sulle terre e rocce da scavo è passato venerdì in Consiglio dei ministri. Premendo l'acceleratore su una procedura innovativa ma parecchio rapida: a inizio novembre il provvedimento era andato in Cdm in prima lettura, per poi essere sottoposto a consultazione pubblica. Non si tratta, comunque, dell'ultimo passaggio. Prima della Gazzetta ufficiale, infatti, è necessario il visto delle commissioni parlamentari competenti (entro un mese) e il parere del Consiglio di Stato.

 

Il provvedimento nasce dall'articolo 8 del decreto Sblocca Italia (Dl n. 133/2014), andato in vigore a settembre dello scorso anno. Il Governo in quella sede si è, di fatto, attribuito una delega a intervenire con un Dpr, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, per riordinare e semplificare la materia del riutilizzo dello smarino dei cantieri. All'epoca la norma era stata salutata con una certa sorpresa, dal momento che in Italia ci sono già due diversi sistemi di regole per la questione delle terre e rocce da scavo.

 

Più nello specifico, al momento esistono due discipline: il Dm n. 161/2012 e l'articolo 41 bis del decreto n. 69/2013. Il primo si applica ai cantieri di dimensioni maggiori, quelli soggetti a Via o Aia, mentre il secondo regola quelli di cubatura minore. Le norme molto stringenti del Dm n. 161/2012 avrebbero impedito una gestione ordinata dello smarino in parecchi casi. Soprattutto, quel decreto prevede la redazione di un piano di utilizzo in fase di approvazione del progetto. 

A causa della complessità di quella procedura, allora, è intervenuto il decreto n. 69 del 2013, il decreto Fare. Qui si prevede una semplice autodichiarazione, nella quale l'impresa attesta il rispetto di alcune circostanze, come la certezza della destinazione di utilizzo e l'assenza di pericoli per l'incolumità pubblica. Una volta rispettati questi requisiti, si può procedere al riutilizzo.

 

Lo schema di decreto manda a mare tutto e riscrive le regole in materia. Seguendo una linea che, per la verità, è stata molto criticata dalle imprese e dalle Regioni nelle scorse settimane.

«Rispetto al primo esame preliminare – spiega il Consiglio dei ministri – il testo è stato ulteriormente integrato e modificato sia a seguito della consultazione pubblica rivolta a cittadini, associazioni e stakeholders del settore, sia sulla base del parere espresso dalla Conferenza unificata».

 

Tra le principali novità introdotte dal testo, bisogna ricordare l'allineamento della normativa italiana a quella europea; la semplificazione delle procedure e la fissazione di termini certi, anche prevedendo meccanismi in grado di superare eventuali situazioni di inerzia da parte degli uffici pubblici; una stretta interazione tra i soggetti che operano nel settore delle terre e rocce da scavo e le strutture deputate ai controlli, prevedendo che, fin dalla fase di predisposizione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, i primi possano interagire con le Agenzie regionali e provinciali di protezione ambientale; procedure più veloci per attestare che le terre e rocce da scavo soddisfano i requisiti stabiliti dalle norme europee e nazionali per essere qualificate come sottoprodotti e non come rifiuti.

 

[18/01/2016]

Fonte: http://online.stradeeautostrade.it/